Nelle ultime settimane si è parlato tanto dei provvedimenti dell’UE contro le materie plastiche. Un problema che la Comunità si pone da molti anni e che ricade su tutti i fronti, dai generi alimentari all’edilizia. In quest’ultimo settore, inoltre, si parla spesso di come riciclare PVC, essendo un polimero a base di cloruro di polivinile, che crea diversi danni termini di impatto ambientale.
La plastica è stata oggetto di discussione in queste ultime settimane, a seguito dei recenti provvedimenti dell’Unione Europea per ridurne l’uso. Il problema dello smaltimento dei rifiuti è un argomento di cui sentiamo parlare da diversi anni, senza però riuscire a trovare una soluzione definitiva. E se riciclare PVC, ad esempio, è sembrata una cosa semplice, in realtà è ben lontana dall’ottenere risultati soddisfacenti per la salvaguardia dell’ambiente.
Magari qualcuno starà pensando che è più semplice riciclare PVC con gli inceneritori, ma forse non ha considerato il problema degli scarti volatili. Le materie plastiche, infatti, se sottoposte all’azione del calore rilasciano diossine e altre sostanze dannose per l’uomo e per la natura. Ad oggi le uniche due cose che possiamo fare sono differenziare le plastiche non riciclabili e usarne di meno!
Tipi di plastica riciclabile: PVC, PP, PET
Quando abbiamo imparato come fare la raccolta differenziata ci hanno presentato alcuni simboli solitamente apposti sugli imballaggi. La plastica ha ben cinque simboli, di cui i più conosciuti sono tre, ovvero: PVC, PP e PET.
Il simbolo PE sta per Polietilene o anche detto polietene, una resina termoplastica resistente agli agenti atmosferici, all’alcool ed altri agenti chimici. Per la sua resistenza viene impiegato soprattutto nel settore alimentare, infatti è il polimero vinilico con cui vengono realizzati i sacchetti di plastica.
PET sta per Polietilentereftalato, una plastica riciclabile leggera e resistente, che viene impiegata per la produzione di bottiglie di plastica. Tuttavia, recenti studi hanno evidenziato la presenza di una tossina cancerogena (DEHA) e poi ci sono gli additivi (ftalati), che sono praticamente in tutte le plastiche (anche nel PE) e che penetrano negli alimenti confezionati o imbottigliati.
PVC sta per Polivinilcloruro, un polimero plastico impiegato nei settori più disparati, soprattutto in quello edile, per la realizzazione di infissi, serramenti, tapparelle e tubature. Il problema del PVC risiede non solo nella sua produzione, durante la quale vengono rilasciate acque di scarico contenenti diossine, ma anche nel riciclo. Riciclare PVC, ad esempio, è un problema che l’Italia si è posta da pochi anni, infatti, meno della metà di PVC riciclabile viene effettivamente riutilizzato.
Riciclare PVC: problemi e avversità
Il PVC è la plastica più pericolosa, perché contiene ftalati, ovvero composti chimici derivanti dal petrolio, che servono a rendere la plastica più flessibile. La Comunità Europea ha già vietato l’uso di ftalati nella produzione di giocattoli per bambini. Inoltre, nel 2000 l’UE ha iniziato a interessarsi delle problematiche legate all’impatto ambientale del PVC.
Pur essendo un tipo di plastica riciclabile, il polimero riciclato ha legami di CVM (cloruro di vinile monomero) deboli. Il risultato è un materiale meno stabile e, quindi, di qualità inferiore. C’è, poi, il problema degli additivi, cioè tutti quei composti a base di piombo, cadmio e altri metalli pesanti, tossici e pericolosi per la salute dell’uomo.
Per riciclare PVC è possibile adoperare quattro strade: scomposizione molecolare e recupero degli idrocarburi per produrre combustibile; fusione e riciclo dei cavi in pvc; recupero energetico; conferimento in discarica. In tutti i casi resta il problema del rilascio delle diossine nei materiali di scarto, che comportano inquinamento atmosferico.
Che cosa fare, allora? Ridurre l’uso di materie plastiche, soprattutto il PVC, in ogni settore, a partire dagli imballaggi per alimenti fino a infissi e serramenti, prediligendo materiali 100% riciclabili e non tossici come il legno, i ferro e l’alluminio.